Quando mancano pochi giorni al lancio, ecco un imprevisto. Uno degli astronauti appartenenti alla squadra di riserva contrae la rosolia. Esiste quindi il rischio che possa averla trasmessa a qualcuno. Nessuno manifesta sintomi, ma Mattingly non è immune dal momento che non l’ha avuta da bambino. La NASA non può correre il rischio che qualcuno si ammali in orbita e così sostituisce Mattingly con John L. Swigert, comandante di riserva del modulo principale.
Alle 13.13 locali dell’11 aprile 1970 il razzo Saturn V viene lanciato in orbita da Cape Canaveral, in Florida. Passano solo pochi minuti e uno dei cinque motori si spegne, ma la missione non è in pericolo. Inizia però ad esserlo 55 ore dopo il lancio, quando la Luna è più vicina della Terra ed esplode uno dei serbatoi d'ossigeno. Risulta seriamente danneggiato anche un altro serbatoio e così l'astronave inizia a disperdere gas nello spazio. A questo punto Swigert si mette in contatto con il centro di comando della NASA e pronuncia una frase rimasta celebre: "Houston, abbiamo un problema”. Mentre i livelli di ossigeno calano rapidamente insieme alla fonte di elettricità nella navicella, l’equipaggio si trasferisce nel modulo lunare Aquarius. L’astronave era infatti composta da un modulo di comando (Odyssey) e un modulo lunare (Aquarius). La missione è annullata, non ci sarà nessun allunaggio: l’unico obiettivo ora è tornare sani e salvi a Terra.
A Houston la tensione è alle stelle. Viene attivato un piano di emergenza che porta l’astronave a sorvolare la Luna e a toccare il punto più distante dalla Terra mai raggiunto dall’uomo, circa 400.171 km. I problemi però aumentano. Gli astronauti sono disidratati e infreddoliti. C’è inoltre la seria possibilità che l’astronave, più leggera del previsto, possa diventare una palla di fuoco a contatto con l'atmosfera. In vista dell’atterraggio l’equipaggio torna nel modulo di comando dopo aver sganciato l'Aquarius. I piloti compiono un allineamento "manuale”, aiutati dal preziosissimo Thomas "Ken" Mattingly che risulterà decisivo. Attraversata l’atmosfera tra mille difficoltà e al termine di un interminabile blackout radio, l’Apollo 13 riesce ad effetturare un ammaraggio nel Pacifico alle 13.07 del 17 aprile. Siamo a largo delle Samoa Americane, dove una nave della marina statunitense è pronta a mettere in salvo tutti i membri dell’equipaggio. Stanno bene, accusano solo problemi di disidratazione e perdita di peso. Il solo Haise ha un'infezione alle vie urinarie, niente di preoccupante. Nessuno di loro avrà più modo di tornare sulla Luna. Si conclude la missione Apollo 13, un fallimento di successo.
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